Rassegna stampa: Interni – Novembre 2018

Interni – Novembre 2018

Ugo La Pietra, oltre l’arte e il design

Architetto, designer, artista, performer, film-maker, fumettista, direttore di riviste, professore, organizzatore di mostre e convegni, ma anche clarinettista jazz, Ugo La Pietra è un maestro dell’interdisciplinarietà. Anzi, della transdisciplinarietà, dello sconfinamento. Sempre controcorrente, alla maniera dei situazionisti, per i quali nutre una viva simpatia, ma con più garbo ed eleganza. Fin dai tempi in cui, allievo e poi assistente di Vittoriano Viganò, esponente di spicco del brutalismo, si è laureato alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano con una tesi sulla “Sinestesia tra le arti”, dove la sinestesia non veniva intesa come integrazione, ma come trasferimento di conoscenze da una disciplina all’altra. In quegli anni, i favolosi Sessanta, La Pietra frequentava Lucio Fontana e Piero Manzoni e approdava all’arte programmata, dando vita a una serie di disegni, dipinti e opere in metacrilato denominata “Strutturazioni tissurari”, per la quale Gillo Dorfles coniò l’espressione “segni randomici” ossia aleatori, fortuiti, casuali, sottolineando così la volontà dell’autore di considerare l’azzardo, la contraddittorietà, l’imprevisto come elementi qualificanti della sua ricerca e sperimentazione. Aspetti che confluiranno nella teorizzazione, e puntuale messa in pratica, del suo “sistema disequilibrante” dove lo spazio (senza distinzioni di scala o tipologia) perde la rassicurante e canonica ortogonalità per assumere i contorni di un’esperienza percettiva fuori dagli schemi. Ripensare criticamente il dentro e il fuori, riflettere sulle relazioni fra individuo e società, registrare i danni prodotti da un sistema tecnocratico e alienante: questi sono alcuni dei compiti che Ugo La Pietra si è dato nel decennio compreso fra il 1972, anno in cui ha presentato l’installazione La cellula abitativa nell’ambito della storica mostra Italy: The New Domestic Landscape al MoMA di New York, e il 1983, quando – in largo anticipo sull’ipertrofia multimediale che connota la nostra era digitale – con i semiologi Gianfranco Bettetini e Aldo Grasso ha allestito La casa telematica alla Fiera di Milano. Poi, a partire dagli anni Ottanta, La Pietra ha dato inizio a un lungo percorso di rilancio dell’artigianato d’arte che lo ha condotto a curare mostre come Progetti e territori o Genius loci ad Abitare il Tempo, a Verona, e ad Abitare con arte, a Milano. Da allora, si è ostinatamente battuto per ricomporre la frattura fra cultura progettuale e cultura del fare, contribuendo a imprimere una svolta innovativa in molti, storici distretti della tradizione artigiana italiana. Un percorso che ne attesta la vocazione eclettica, trasversale, ma sempre guidata da una profonda vena umanistica, come dimostra la sua recente raccolta di scritti e disegni Fatto ad arte. Né arte né design, edita da Marsilio in collaborazione con la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
Giunto al traguardo degli ottant’anni, La Pietra manifesta un’inesauribile vitalità: “Svolgo tuttora la mia attività di ricerca, impegnandomi come sempre a decodificare e a comunicare creativamente i segni della nostra civiltà. Mi considero ancora un radical, sono infatti convinto che, fuori dall’ortodossia dell’arte e del design, vi sia un terreno fertile in cui la creatività possa essere messa al servizio della collettività”.
E per festeggiare il suo compleanno, la Galleria Fatto ad Arte di via Moscova, a Milano, ospita fino al 17 novembre la mostra Mito e Materia. L’immaginario fantastico di Ugo La Pietra incontra la Manifattura Rometti.

Francesco Massoni

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