Anni ’80

All’inizio degli anni Ottanta La Pietra si presenta (anche grazie alla frequentazione di Eco, Dorfles e Bettetini) con una forte intenzionalità teorica e progettuale intorno alla categoria “memoria”. Egli ritiene che la crescita dei sistemi legati alla telematica e all’informatica porterà alla perdita della memoria tradizionale (tridimensionale) per la crescita di una nuova memoria (bidimensionale).

E’ tutto leggibile nella mostra “Cronografie” del 1980 alla Biennale di Venezia, nel suo libro “Pro-memoria”, nel progetto “La casa telematica” del 1983 e nel film “La memoria tridimensionale” del 1980: alcuni momenti in cui egli comunica le proprie teorie, concretizzandole in eventi spettacolari.

Gli anni Ottanta lo porteranno ad affrontare uno dei procedimenti creativi più difficili: conciliare concettualità e spettacolarità. Ma proprio la sua più che decennale frequentazione dell’arte “concettuale” lo aiuterà ad affrontare il decennio (troppo spesso connotato da fattori spettacolari), combinando spesso felicemente le due categorie. Una combinazione che all’inizio del periodo troviamo nelle sue opere (mostra “L’intelligenza dell’effetto” a Palazzo Dugnani a Milano), nei suoi progetti (progetto di ristrutturazione dell’Orto Botanico a Milano, dell’Orto Botanico a Palermo, del parco urbano Ex Manifattura Tabacchi a Bologna) e negli oggetti come le ceramiche “Vasi per giardini e giardini per vasi”.

Il “Giardino del ‘700”, luogo di piacere e di contemplazione, sarà il riferimento teorico culturale e spesso anche formale per esprimere al meglio la combinazione concettualità-spettacolarità; così una panchina non sarà solo un luogo per una piacevole sosta ma anche un osservatorio da cui è possibile guardare, intravedere, contemplare…

Su queste premesse, il suo lavoro sarà spesso a contatto con le ricerche dell’inizio degli anni Ottanta, come quelle del design (Memphis e Alchimia) o dell’architettura (postmoderno); ma la sua posizione, proprio per i continui riferimenti alla memoria, alla spettacolarità e alla concettualità, si esprimerà ben presto a favore di un neo-eclettismo capace di usare con disinvoltura le diversità. Tale percorso lo porterà ad esplorare aree sempre più nascoste, poco frequentate per quella sua radicata convinzione di “operare superando tutti i tabù”.

Egli abbatte l’ultimo tabù della nostra cultura materiale, guardando con maggiore attenzione al mondo che produceva oggetti (mobili) in stile. Il mobile classico (“in stile”) era, fino alla metà del decennio, appartenente ad un’area di produttori/artigiani spesso definiti “falsari” e che rifacevano oggetti del passato. Con il film “Classico-contemporaneo” del 1985, egli rilegge quest’area culturale, riportando il “fatto a mano”, la “riedizione”, “le tecniche tradizionali da rinnovare con il progetto” all’attenzione del mondo culturale e produttivo.

Nelle mostre Abitare il tempo presso la Fiera di Verona, Abitare con arte presso l’ex chiesa di S. Carpoforo a Milano egli dimostra, attraverso opere proprie e di centinaia di artisti, architetti, designer (coinvolti a collaborare, spesso per la prima volta, con aziende del mobile classico e della tradizione) come, in questa collaborazione, sia possibile riscoprire il valore della materia e della sua trasformazione, delle tecniche tradizionali riproposte per un progetto contemporaneo.

In altre esplorazioni, come quella della cultura balneare, ritroviamo il La Pietra che percorreva alla fine degli anni Sessanta le “periferie urbane” alla ricerca delle “culture marginali”. Una serie di mostre e di seminari ripropongono all’attenzione i comportamenti, le forme, i segni di una “cultura autonoma”, quale quella balneare, in grado di produrre un sistema di segni dove egli trova ulteriori suggestioni per i suoi disegni, quadri e oggetti.

In questi anni i suoi quadri si riempiono di nuove forme, sempre più ispirate alla cultura mediterranea; gli oggetti rimandano spesso alle opere di Ponti, di cui egli è appassionato studioso: a metà del decennio scriverà la prima monografia del grande architetto, sostituendosi agli storici che per diverse ragioni non avevano saputo e voluto avvicinare l’opera di questo protagonista del nostro secolo. Ponti ed Ulrich saranno riproposti grazie a La Pietra, che con le sue monografie dimostrerà la sua attenzione nei confronti di quelle “arti applicate” dimenticate dal design italiano.

Con la mostra ad Abitare il tempo del 1987 intitolata “Genius loci”, La Pietra inizia una “crociata” alla riscoperta delle aree omogenee di cultura materiale all’interno delle quali porterà la “cultura del progetto” per la loro riqualificazione. In questi anni, sviluppa un’attività intensissima: insegna all’Istituto Statale di Monza, è professore a contratto alla Facoltà di Architettura a Palermo, Torino, Venezia, è redattore di Domus e quindi dirige la rivista Area e Abitare con Arte, organizza mostre, presenta i nuovi quadri in diverse gallerie in Italia e all’estero, suona ormai da anni due sere alla settimana con la Global Jazz Gang (al Capolinea, al Santa Tecla, al Club Due e alle Scimmie di Milano), partecipa a diversi concorsi di architettura, ma soprattutto disegna moltissimo.

Un decennio pieno di azioni, condotte sempre con entusiasmo, operando spesso all’interno delle istituzioni, ma non facendosi mai coinvolgere dalle stesse; questa posizione, dopo trent’anni di attività, lo porterà a non beneficiare di nessun riconoscimento. L’unico grande riconoscimento gli verrà, alla fine del decennio, da una delle persone che lo hanno sempre stimato: durante il Congresso Internazionale sulle Utopie a Roma, Eugenio Battisti gli conferirà il “Premio Utopia”.